Con cornice 72,5 x 99,5 x 5 cm
Firmato in basso a destra
Esposizioni: Abraham Mintchine “L’angelo perduto di Montparnasse”, Artisti russi e dell’Est a Parigi, opere dal 1925 al 1962 (Bergamo, Galleria Michelangelo, Galleria d’arte Due Bi, 03.04-09.05.2004)
Pubblicazioni: Abraham Mintchine “L’angelo perduto di Montparnasse”, Artisti russi e dell’Est a Parigi, opere dal 1925 al 1962, a cura di R. Bellini, Bergamo, Galleria Michelangelo, 2004, p. 47
Rimasto orfano all'età di sette anni, entra in una scuola ebraica e successivamente si trasferisce a Kiev. Inizia a modellare sculture in terracotta e si iscrive alla Scuola d'Arte Sabatovski, mantenendosi lavorando in una fabbrica di scatole.
Nel 1912 arriva a Parigi, dove viene accolto calorosamente dallo scultore Marek Szwarc. Si stabilisce nella falansteria della "Ruche" condividendo lo studio con Chaïm Soutine. Un anno dopo Dobrinsky si ammala ed è costretto a lasciare la scultura per la pittura. Inizia a esporre i suoi dipinti nei saloni parigini: Salon de la Società des Beaux Arts, des Tuileries, des Indépendants, d' Automne.
Nel 1914 si arruola nella Legione straniera, ma viene esonerato per motivi di salute. Al suo ritorno a Parigi frequenta l'Académie Colarossi e conosce Vera Kremer, che sposa nel 1926. Dal 1930, importanti mostre personali sono state allestite per lui a Parigi: Galerie L'Epoque, Galerie Charpentier, Galerie Bosc, Galerie Passali e a Londra presso la Renel Gallery.
Le sue opere sono caratterizzate da un uso misurato della materia; Dobrinsky applica leggeri strati di colore, caricando la pennellata più nella definizione delle forme, rendendo così l'opera molto ariosa ed estremamente spontanea. Nel 1938 Waldemar George scrisse di lui in "Beaux Arts": "Possiamo chiederci come egli trasmetta le sensazioni della vita e come animi un corpo o un volto. Dobrinsky non ha procedure prestabilite. Registra ed esterna le emozioni visive che prova. [...] I toni franchi, e soprattutto i rossi di una qualità molto rara, illuminano i suoi quadri di cui si ama la dolce malinconia, l'eloquenza discreta e l'atmosfera intima".
Dopo aver vissuto per ventisette anni nella "Ruche", Dobrinsky si trasferisce in Rue d'Odessa. Nel 1942 lascia la capitale per rifugiarsi a Bergerac; in questo periodo si dedica soprattutto ai ritratti, molti dei quali raffigurano il figlio Joseph. Dopo la liberazione torna a Parigi.
Tra il 1947 e il 1948 Serge e Rachel Pludermacher aprono la scuola Maison-Lafitte per i figli degli ebrei deportati e Dobrinsky viene chiamato a dipingere il loro ritratto.
Per molti anni vi si reca quotidianamente per portare a termine l'impegno preso. I ritratti che realizza sono molto intensi e delicati; con un tratto rapido e preciso esegue, già con il colore, lo studio dei volti. Nello sguardo di ogni bambino, Dobrinsky riesce a cogliere ogni ferita subita interiormente; attraverso la pittura riesce a indagare e a scavare nell'anima, senza svelare del tutto il dramma dell'innocenza perduta ma lasciandolo trapelare con discrezione, a tutela della dignità di ogni individuo.
Dobrinsky lascia anche un vasto corpus di disegni, di fondamentale importanza per comprendere la sua ricerca; per le composizioni più complesse crea uno schema complessivo che poi riproduce sulla tela o sul cartone. Negli ultimi anni della sua vita, l'artista soggiornò a Parigi con il pittore Lubitch presso Mme Herkulan; molti dei suoi disegni furono realizzati su carta intestata del laboratorio di proprietà di quest'ultimo.
Il dipinto è in ottime condizioni.
Restiamo a disposizione per ulteriori informazioni.