Bibliografia: U. Härting, ‘Adriaen van Stalbemt als Figurenmaler’, in Oud Holland, 1981, n.95, pag. 9-10, illustrato in fig. 6. Provenienza: Collezione privata, Roma.
Dello stesso soggetto ripreso più volte dallo Stalbemt di cui la nostra versione appare per la prima volta nel mercato antiquario, altre due versioni quasi identiche sono state esitate a Londra; una da Sotheby’s nell’asta Old Master Painting, 14 dicembre 2000 lotto n.45 e una da Christie’s in Important Old Master Painting, 25 gennaio 2002, lotto n. 140.
Opera visionata da Christa Nitze-Ertz curatrice insieme al defunto marito Klaus Ertz (massimo esperto del pittore) del catalogo ragionato dell’artista; Adriaen van Stalbemt (1580 - 1662) Oeuvrekatalog der Gemalde und Zeichnungen, 2018.
Christa Nitze-Ertz conferma senza alcun dubbio l’attribuzione di questo dipinto al maestro Stalbemt paragonandolo ai dipinti pubblicati nel loro catalogo ai numeri 239-241.
La prima attribuzione del dipinto si deve a Ursula Härting che nel suo articolo identifica in Stalbemt l’autore e ne analizza anche il soggetto. Possiamo infatti osservare un corteo di figure mitologiche e di virtù personificate al centro del quale troviamo un carro trionfale trainato da un essere femminile alato che poggia una clessidra sul capo del dio del tempo, lui stando davanti nel carro regge una falce con una mano e le redini del carro con un’altra. Gli spettatori del corteo si trovano in primo piano e osservano il corteo passare davanti un’antica rovina di un tempio e dirigersi verso l’arco del trionfo visibile sulla sinistra. Il significato di questa immagine è di difficile comprensione, proprio la figura alata è quella più misteriosa perché oltre la clessidra non presenta nessun altro attributo utile alla identificazione. Più facile invece è riconoscere le altre figure in testa al corteo; il carro infatti è trainato dalla Fortuna con la sua vela gonfiata dal vento e dalla Fama che brandisce due trombe. Davanti a queste due possiamo osservare le personificazioni delle arti e delle scienze; riconosciamo Musica con in mano uno strumento a corda, Astronomia con una sfera armillare e Pittura con utensili da disegno. In coda al carro sono osservabili Ercole con la sua mazza e Atena. Gli osservatori del corteo rappresentano diversi ceti sociali; osserviamo cavalieri che appartengono alla nobiltà, mendicanti o pellegrini che rappresentano il volgo e una figura particolare a destra che con la sua barba e i libri nelle sue mani raffigura i sapienti e gli studiosi. Le rovine del tempio rappresentano metaforicamente la transitorietà della vita umana e il fatto che tutto quello che viene creato dall’uomo e soggetto alla caducità. Le arti e le scienze invece facendo parte di questo corteo sono eterne, cosi come gli eroi della storia che seppur mortali restano vivi nel ricordo delle imprese che hanno compiuto. La figura femminile alata misteriosa può essere interpretata all’interno di questa vanitas solamente come la Malinconia, essa però non è vista come rassegnata all’impotenza ma anzi come una figura virtuosa e fiera che mentalmente ha superato la paura nei confronti della caducità del tempo. Questo superamento spirituale della minaccia della morte è espresso nella posizione elevata della Malinconia sul carro trionfale. Proprio il misurare con la clessidra in maniera positivistica la vita indica un’elaborazione mentale della paura della morte e la non rassegnazione al mero destino. Le arti e le scienze che guidano il corteo e trascinano il carro con la Morte e la Malinconia indicano le capacità e i talenti umani come gli unici mezzi per affrontare questa paura seguendo la strada della conoscenza e della saggezza.