Bottega/seguace
Giuditta vittoriosa
Olio su tela
97 x 77 cm. - In cornice antica 114 x 92 cm.
Dettagli completi dell'opera (clicca QUI)
L’opera illustra un’affascinante ritratto dell’eroina Giuditta: sola e vittoriosa al centro del dipinto, la donna è raffigurata senza vesti ma con preziosi ornamenti e gioielli, la spada ancora fieramente stretta nella mano e la testa di Oloferne mostrata nell'altra.
Tale soggetto iconografico fu molto amato nel periodo rinascimentale specialmente in ambito nordico (si veda la serie realizzata sul tema da Lucas Cranach), poiché si prestava al gusto del tempo per la rappresentazione di passioni forti, spesso fatali, incarnando nel contempo grandi valori morali.
Si tratta, in particolare, dell'episodio biblico dell’uccisione del generale babilonese Oloferne da parte della bella e coraggiosa vedova ebrea Giuditta, per liberare il proprio popolo dalla dominazione straniera. Il suo astuto piano consiste nel farsi accogliere nell’accampamento nemico fingendo di volersi alleare: l'intelligenza unita alla straordinaria bellezza le fanno da lasciapassare. In seguito ad un ricco banchetto organizzato in suo onore approfitta del sonno del tiranno stremato dall’alcol per ucciderlo.
C’è una evidente discrasia tra la compostezza compiaciuta per il successo ottenuto, la grazia e la calma della donna con la testa mozzata in primo piano: il dramma c’è, ma è come messo in secondo piano dall’autore che ha qui preferito evidenziare l’eroina più che il fatto in sé, focalizzando l’attenzione ed il nostro sguardo sulle virtù di Giuditta, che attraverso il suo coraggio è riuscita a sconfiggere il male.
La raffigurazione è pertanto simbolica: nonostante l’atroce atto che la vede protagonista, Giuditta incarna grandi valori morali. Presentata come simbolo di salvezza che Dio offre al popolo ebraico, assurge anche a emblema della Chiesa stessa e del suo ruolo salvifico, enfatizzato dal bianco etereo dell’incarnato, che evoca la purezza.
Secondo l’iconografia diffusa a nord delle Alpi dal Quattrocento in poi, nonostante la condotta eroica, l’immagine di Giuditta nel contempo viene spesso accostata a quella della mera seduttrice. Lo capiamo dalle trasparenze e dalla scelta di raffigurarla senza vesti, dalla collana preziosa adagiata ad arte tra i seni: nel testo biblico viene infatti sottolineata la bellezza di Giuditta come elemento determinante per la riuscita dell'impresa, accompagnata da altre doti di intelligenza e saggezza.
Meritano menzione i dettagli con cui sono resi i gioielli che indossa, i quali mettono in risalto la sua bellezza, come la catena gioiello che serve per sostenere il mantello ricoperta di pietre preziose e perle, così come la tiara che le cinge i capelli, i bracciali, ed anche l’impugnatura della spada, rifinita con teste antropomorfe.
Il dipinto, cronologicamente collocabile introno alla fine del XVI secolo, con le cromie decise ed i chiaroscuri capaci di enfatizzarne la forza plastica ed espressiva, presenta le più tipiche suggestioni di matrice fiamminga, con un gusto ancora incline al manierismo, ed un'eccellente qualità pittorica.
Si tratta precisamente di un'opera che palesa evidenti analogie con lo stile di Ambrosius Benson (Lombardia, 1495 circa; Bruges, 1550); artista di origini italiane, precisamente lombarde, nel 1519 registrato nella corporazione dei pittori di Bruges, e che pertanto può essere attribuita ad un allievo della sua bottega o a un suo seguace.
L’immagine trova confronto con una tavola (cm. 89 x 70) appartenente all'Alte Pinakothek Monaco di Baviera e datata dalla critica al secondo quarto del XVI secolo, opera realizzata intorno 1525/50 di un seguace di Benson **
**Ambrosius Benson (seguace) (1495-1550) - Giuditta con la testa di Oloferne
Secondo quarto del XVI secolo - legno di quercia, 88,7 x 69,5 cm
Alte Pinakothek Monaco di Baviera
URL: https://www.sammlung.pinakothek.de/de/artwork/A9xlyPzLWv
INFORMAZIONI SUPPLEMENTARI:
Il dipinto viene venduto completo di una piacevole cornice antica ed è corredato di certificato di autenticità e scheda iconografica descrittiva.
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