Allegoria della Giustizia
Olio su rame, cm 24 x 19
Con cornice, cm 37 x 33
Questa piccola tavoletta di rame va fatta risalire, sia per stile che per tematiche, alla prima metà del Seicento. Il soggetto allegorico, l’ordinata impostazione spaziale, lo scorcio prospettico di paesaggio campestre e le rovine architettoniche si inseriscono in un contesto di stampo classicista, conscio dell’arte antica, delle lezioni dei grandi maestri del Rinascimento italiano oltre che dei coevi artisti italiani come i Carracci e la loro scuola, Guido Reni e Guercino. La vena classicista insita nella pittura barocca si diffuse a Roma grazie all’attività di pittori provenienti appunto dall’Emilia, i quali aderirono a un’idea pittorica capace di filtrare il dato di realtà secondo una calibrata e selezionata rappresentazione della realtà. Gli esempi più prossimi di Raffaello o del Correggio, sommati a quelli dell’arte greca e romana, le cui architetture e sculture potevano essere studiate e osservate nei palazzi e per le strade della città, influirono sulle scelte iconografiche e stilistiche dei pittori. In questa tavoletta ritroviamo le pose statuarie, che insieme alle le rovine sullo sfondo e al paesaggio bucolico ricreano quel gusto classico che nel corso del Seicento sarò ripreso da altri grandi maestri: Domenichino, Albani e anche pittori stranieri che giunsero a Roma per poi restarvi fino alla morte, come Nicolas Poussin e Claude Lorrain. Tornando al soggetto, vediamo la Giustizia, contraddistinta dalla bilancia, dalla benda e dalla spada, mentre viene aiutata da Atena, sua dea tutelare, a risollevarsi da terra. La luminosità dei toni si riverbera sull’armatura dorata della dea mentre i colori liquidi si alternano nei chiaroscuri dei panneggi.