Venere, Bacco e Cerere (Titolo parallelo: 'Sine Cerere et Baccho, friget Venus')
Olio su tela
103 x 78 - In cornice 125 x 100
‘Sine Cerere et Baccho, friget Venus’ è una citazione latina tratta da una commedia di Terenzio (2º sec. a. C.), che divenne un popolare proverbio olandese e che ha dato il titolo al nostro dipinto. Letteralmente si traduce come 'Senza Cerere e Bacco, s'affievolisce l'Amore' ed il suo livello di significato più semplice, naturalmente ironico, è che l'amore nella sua accezione carnale ha bisogno di cibo e vino per prosperare.
Nell’arte divenne un tema molto popolare specialmente tra XVI e XVII secolo nei Paesi Bassi e nella cerchia degli artisti manieristi alla corte dell'imperatore Rodolfo II a Praga, poiché offriva la combinazione di un riferimento classico relativamente intrigante e l’occasione di raffigurare abbondante nudità.
A prescindere dal carattere decorativo, questo tipo di dipinti aveva pertanto anche una connotazione erotica, non insolita neanche in una cultura dominata dalle restrizioni della controriforma.
Nel nostro dipinto la seducente Venere, affamata ed assetata, è circondata dal dio Bacco, avvolto in tralci di vite che le passa una picca d’uva, e Cerere, con corona di grano e cornucopia ricolma di frutta; anche Amore, al suo fianco, si dimostra affamato, mentre tenta di arrivare al braccio della madre per afferrare voracemente l’uva.
In particolare siamo di fronte ad un’invenzione iconografica molto celebre del pittore Abraham Bloemart (c. 1600), che fu resa popolare già ai tempi da un incisione di Jan Saenredam (1565-1607), poi ripresa da numerosi artisti come J. Saenredam, Joachim von Sandrart, Bartholomäus Spranger
URL: https://www.lombardiabeniculturali.it/stampe/schede/MZ020-00017/
Anche in Italia, specialmente nella parte settentrionale influenzata dalle istanze fiamminghe, il soggetto venne particolarmente apprezzato, come nel nostro caso ad opera di un autore di scuola genovese dei primi del Seicento. Entrando nello specifico, il dipinto porta un attribuzione al genovese Giovanni Battista Paggi (Genova 1554 – Genova 1627), che qui lo ha ripreso con il suo tipico stile raffinato, ben calibrato all’esuberanza barocca.
Nel nostro caso troviamo un piacevole connubio tra la maniera tipicamente genovese, quella fiamminga, assorbita dalla ricca comunità di altri nordici attivi a Genova, e quella toscana, assimilata durante il suo soggiorno a Firenze che durò oltre un decennio. Vi ritroviamo inoltre un luminismo di matrice caravaggesca che mette in particolare evidenza la teatralità della scena.
Autore di opere a tema in prevalenza religioso, non mancano nella sua raccolta splendide realizzazioni a carattere mitologico (cfr. Venere nella Fucina di Vulcano, Collezione privata oppure Venere e Amore che si baciano Collezione D'Arte Banca Carige).
INFORMAZIONI SUPPLEMENTARI:
Il dipinto viene venduto completo di una piacevole cornice ed è corredato di certificato di autenticità e scheda iconografica descrittiva.
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