Putti con allegorie delle stagioni
(2) Olio su tavola, cm 41 x 32
Con cornice, cm 51 x 40
Le stagioni hanno da sempre suscitato nell’uomo un fascino che non poteva non essere di stimolo nel campo delle arti. E, come Vivaldi ha dato loro forma e sostanza nella musica, così l’arte figurativa ha rappresentato, attraverso le proprie forme, le stagioni e i sentimenti dell’uomo nel succedersi delle stesse. Quattro periodi in cui si ripartisce il percorso dell’astro della vita, scandito da solstizi ed equinozi. Questa componente imprescindibile della nostra quotidianità ha trovato nei secoli la sua forma sostenuta da simboli. Nel corso dei secoli all’iconografia delle stagioni è stato spesso conferito un aspetto antropomorfo, facilitando la rappresentazione indefinibile e impalpabile del tempo.
In questo caso, due dolci puttini, l’uno addormentato su un morbido drappo di tessuto rosa nei pressi di un fascio di spighe e l’altro nell’atto di giocherellare con un cardellino, rappresentano rispettivamente l’estate e la primavera.
Le due tavole, datate alla prima metà del Settecento, mostrano molte delle caratteristiche chiave del classicismo bolognese, sviluppatosi sotto la guida dei cucini Carracci ed andatosi ad affinare sotto l’egida di Guido Reni e Guercino tra la fine del Cinquecento e la metà del Seicento. In particolar modo, le morbide rotondità e le candide espressioni degli amorini ricordano alcune soluzioni elaborate nell’ambito della bottega del Reni, con particolare riferimento ad Elisabetta Sirani (Bologna, 8 gennaio 1638 – Bologna, 28 agosto 1665), tra le sue più promettenti allieve.