XVIII secolo, Astrea abbandona la terra alla fine dell’età del bronzo

XVIII secolo, Astrea abbandona la terra alla fine dell’età del bronzo
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Descrizione dell’oggetto d’antiquariato :

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XVIII secolo
Astrea abbandona la terra alla fine dell’età del bronzo
Olio su tavola, cm 45 x 38
Nella mitologia, Astrea (chiamata anche Dike), figlia di Zeus e della titanide Temi, era una delle Ore: la dea proteggeva i tribunali ed era un’inflessibile punitrice dei delitti. Le antiche leggende elleniche narrano che la Dea volle scendere sulla terra nell’Età dell’Oro, un periodo di eterna primavera, in cui gli uomini non avevano bisogno di lavorare poiché la terra produceva spontaneamente i suoi frutti e la pace e la giustizia regnavano sovrane. Tutto questo avveniva sotto il regno di Cronos (Saturno), ma, quando quest’ultimo venne ucciso dal figlio minore Zeus (Giove), le stagioni iniziarono a susseguirsi e gli uomini dovettero faticare per vivere: ciò comportò la nascita dei primi conflitti fra uomini e Dei, dando il via all’Età dell’Argento, dove la Astrea si assunse la responsabilità di ammonire gli uomini e di condurli sulla retta via. Purtroppo, i suoi sforzi risultarono vani, per cui, profondamente delusa, si ritirò lontano dal genere umano, sopra alte montagne, predicendo agli uomini un futuro ancora più oscuro. Seguirono, infatti, l’Età del Bronzo e del Ferro, in cui la malvagità umana non conobbe più freni. Amareggiata e disgustata, Astrea, decise di allontanarsi definitivamente, volando con le sue ali nere tra le splendenti stelle, da dove, sempre più triste, guardò propagarsi la meschinità degli uomini. Così come narra Ovidio nelle sue Metamorfosi: «Vinta giace la bontà, e la vergine Astrea, ultima degli dèi, lascia la Terra madida di sangue» (Publio Ovidio Nasone, Le metamorfosi, I, vv. 149-150). La figura mitologica di Astrea, misteriosa e misconosciuta, attirò l’attenzione di vari letterati ed intellettuali dal rinascimento all’età moderna: nel XVI secolo, Ludovico Ariosto, nell'Orlando furioso, descrive l'imperatore Carlo V come colui, che unificando tutti i regni della cristianità, avrebbe fatto tornare di nuovo la dea della giustizia sulla Terra; nel 1816 il poeta Vincenzo Monti compose una poesia, Il ritorno di Astrea, che giocava sull'assonanza tra Astrea e l'Austria, che tornava a dominare Milano dopo la parentesi napoleonica. Se il personaggio risulta essere riscoperto nell’ambito della letteratura, ciò non si può dire per quanto concerne la pittura e le arti decorative: il tema iconografico della fuga di Astrea dalla terra – spesso proposto dagli artigiani greci per quanto concerne la pittura vascolare –  è scarsamente frequentato sia nel Rinascimento che nell’età barocca: uno dei rari casi di trattazione di questo topos si riscontra per quanto concerne la Sala del trono della Reggia di Caserta, presso cui di ritrova un altorilievo in marmo di carrara che presenta la divinità ellenica con i suoi canonici attributi. 
Nel dipinto in questione viene raffigurato il momento in cui la dea, sfiduciata dalla violenza e dalla cattiveria che, sulla terra, serpeggiano tra gli uomini, decide di allontanarsene, per rifugiarsi tra le stelle nella pace e nella quiete del cielo notturno. Anche le ali metalliche dell’angioletto nella sezione inferiore della composizione rimandano al passaggio del mondo dalle gloriose età dell’oro e dell’argento alle violente ere del bronzo e del ferro. 
Prezzo: 4 800 €
Epoca: XVIII secolo
Stile: Altro stile
Stato: Buono stato

Materiale: Dipinto ad olio su legno
Lunghezza: 45
Larghezza: 38

Riferimento (ID): 1492471
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