San Girolamo penitente
olio su tela
61 x 44 cm
Il bel dipinto presentato è aggiunta al catalogo del pittore Orazio Fidani. Allievo del Bilivert, altro fiorentino attivo a Roma e a Firenze, dal quale desunse il gusto per i soggetti di intima religiosità caratterizzati da tinte smorzate e calati in tenui penombre, il Fidani si orientò verso un naturalismo dai risvolti morbidi e romantici, non senza rapporti con il Furini, specie nello sfumato ed avvolgente chiaroscuro.
La nostra, dalla cifra stilistica caratterizzata da vivacità e sveltezza di tocco e da una tavolozza calda che spazia dai toni bruno-verdi di fondo, ai rosa degli incarnati al rosso acceso e cangiante del manto abbandonato a terra assieme al cappello cardinalizio, si pone infatti in linea con la produzione dei cosiddetti naturalisti toscani, ovvero quei pittori che a partire dagli anni Venti del Seicento - sino all'affermazione del barocco - trassero dal caravaggismo la lezione del 'naturale, nobilitandola sulla tradizione del disegno fiorentino. Risultato di questo atteggiamento sono tele di vario soggetto che raffigurano, come in questo caso, personaggi inseriti in paesaggi caratterizzati da una natura sovrabbondante, ma sempre idealizza, come quella in cui è calato il nostro san Gerolamo. Il Dottore della Chiesa è colto nell'atto di battersi il petto con la pietra che stringe con la destra; si inginocchia di fronte al crocifisso appoggiato alla roccia, poco distante dai volumi e dal calamaio che alludono alla revisione della Vulgata da parte di Girolamo e ai suoi numerosi scritti esegetici.
In alto a sinistra, nel fascio di luce che investe la figura, compare la tromba con cui l'angelo dell'Apocalisse annuncia il Giudizio, stimolando così la riflessione sulla morte, momento di ricongiunzione con Dio, cui rimanda, quale memento mori, anche il teschio che il vecchio penitente stringe a se con la sinistra.