Francesco Solimena
San Bruno visitato dall'angelo
Epoca : Seicento
San Bruno visitato dall'angelo Dentro un ambiente non meglio determinato - che giusto il tavolo spoglio in tralice, dal piano squadrato dal traversone di luce da sinistra, permette di riconoscere in una cellaincontriamo un giovanissimo monaco imberbe dagli occhi umidi. Inginocchiato a pregare mentre appoggia l'una mano sull'altra sul breviario squadernato, è il tedesco San Bruno (o san Brunone), fondatore dei certosini contemplativi. Vestito con i colori dell'ordine si è appena distratto dalle orazioni voltandosi, in uno spasmo di commozione, verso l'angelo che,le ali spiegate in blu chiaro, gli offre i segni e i simboli dell'estasi. Un giovane, un tavolo con un libro e un angelo. Neanche il grande Zurbaran, nel trattare lo stesso tema in un dipinto,databile tra il 1637 e il'39, oggi al Museo spagnolo di Cadice che dobbiamo considerare prototipo e campione per l'iconografia tardo seicentesca di San Bruno, aveva scelto di essere così sintetico e concentrato (tra visibili e nascosti, i suoiangeli saranno almeno una dozzina; mentre il santo è in piedi,a figura intera dinanzi ad uno sfondo di paese). Tutto diverso il nostro quadro dove nulla potrà venire a turbare o distrarre la giustezza di una composizione che non cede in nessun punto ma che, in realtà, è una finta semplice. Colpisce la scelta del taglio decentrato, sottolineato dal colpo di teatro dell'abito certosino che, ricco di sottosquadri,occupa gran parte del dipinto, fino a caracollare nello spazio reale dell'osservatore. Quest'autentica sinfonia in bianco e scuro è contrappuntata dai chiari e i rosati degli incarnati del giovane; oltreché, naturalmente, dai due splendidi inserti floreali (senza contare il tavolino spoglio, che il pittore rende con acribia tale da promuoverlo isso fatto ad altro personaggio). Potremmo continuare sottolineando, una ad una, le ombre portate e le acciaccature sulle dita delle mani del santo... Pure non ci vuol altro a rimarcare come questo quadro calibratissimo, da avviare verso l'ambito meridionale,appartenga ad un maestro di livello assoluto. Un apice puristico del Solimena Una rallentata analisi delle forme obbliga a tirare in ballo la maturità di Francesco Solimena, il maggiore e più decisivo dei maestri dell'età borbonica ma maturato nella Napoli spagnola di Luca Giordano (1634-1705) e Mattia Preti, scomparso nel 1699; se lo stile non mente, il dipinto, che tutto lascia credere eseguito negli inoltrati anni'20, è un campione coerentemente settecentesco di chi abbia messo a punto le risorse di unolessico colto, nobile e di rapida pronta diffusione sulla scena locale e nell'Europa delle corti, da Vienna a Parigi alla Torino sabauda'. In effetti questo San Bruno, in ottimo stato di conservazione, è uno degli autografi di Solimena più significativi e rari riemersi all'altezza del gran murale ad affresco con la "Cacciata di Eliodoro dal tempio", firmato e datato 1725, per la controfacciata della chiesa del Gesù Nuovo, il maggior tempio gesuitico del Viceregno. Altri confronti probanti includono opere da stanza del Solimena del terzo decennio: a far capo dal celebre "San Gaetano di Thiene" per l'omonima chiesa di Vicenza (tra i capolavori della pittura napoletana presenti in Veneto di terraferma), fino al "San Gennaro con angeli" di collezione privata che pure abbiamo riprodotto in calce. E' il momento di massima affermazione di colui al quale sarebbe toccato di tracciare le coordinate della piena civiltà del ‘7oo a Napoli, coadiuvato da un'officina oliatissima dai giovani talenti (a cominciare da Francesco De Mura, morto ormai alla vigilia della Rivoluzione francese). Scomparso Giordano, spetta a Solimena, su cui incredibilmente non è mai stata organizzata una mostra monografica, indicare la via; e lo si capisce anche guardandoil nostro San Bruno che, a ben vedere, cammina in perfetto equilibrio tra mondi stilistici diversi e conseguenti: la tradizione naturalistica del '600 e il grande affato decorativo del secolo successivo. Ma avviciniamoci. Solimena verso Giordano e il"600 E ripartiamo dall'individuazione fisiognomica del giovane eremita su cui, non a caso, il pittore invoca e quasi pretende l'attenzione dello spettatore. L'unica pennellata che costruisce il labbro inferiore e che introduce al'acciaccatura di bianco poco più sopra appartengono al lessico del miglior Giordano;come alludono alla scuola dei virtuosi di tocco (da Ribera a Cavallino a Guarino) gli incarnati del volto, le virgolature di biacca sotto le palpebre, fino alla punta di luce sul naso dove la materia si fa concreta, fino a incresparsi e a raggrumarsi.Giordano è sempre alle spalle: come è chiarissimo se solo ci focalizziamo su questo dettaglio reso con una scrittura veloce,tutta di prima. I particolare del viso che abbiamo sagomato dal resto vale mille parole. Questo spettacolo di pura pittura é un omaggio a Giordano e insieme un congedo. Omaggio: se, nella scrittura veloce, di prima, condotta senza ripensamenti, emerge la mano di qualcuno che avesse meditato su quel magistero.Congedo: se Solimena prova a solidificare la pittura del più anziano, ricontornando e ricompattando le pennellate in campiture chiuse.La tradizione del Seicento In qualche modo si assiste qui ad una ripresa di stilemi più antichi come se, negli anni del pieno viceregno austriaco,sotto le ali dell'aquila imperiale (1707-1734), Solimena provasse a riscrivere, da par suo, i codici del primo '600:specialmente, guardando il nostro quadro, la fase più puristica e devozionale, da collocare negli inoltrati anni 1640, di Massimo Stanzione e i suoi satelliti. Di questa speciale ansa puristica della scena napoletana post caravaggesca, da noi ben circoscritta di recente, Solimena conosceva, tecnicamente, ogni segreto avendo restaurato il grande rame di Stanzione per la cappella del Tesoro di San Gennaro2. Ma è superfluo aggiungere di quanto fosse consapevole, nel trattare il tema di San Bruno, d'immettersi dentro una filiera autorevole e prestigiosa che parte, appunto,dal complesso della Chiesa e della Certosa di San Martino sulla collina del Vomero. Proprio i monaci certosini avevano affidato a Stanzione stesso, alla fine degli anni'30, l'esecuzione di quel manifesto certosino a più figure, a Solimena ben noto,con "San Bruno che dà la regola". Come dicono i francesi: per saltare meglio bisogna fare un passo indietro. E nessuno lo sapeva meglio di Solimena.
Misure H x L x P 135 x 97 x