Scena di battaglia
Olio su tela, cm 90 x 117,5
Con cornice cm 112 x 139,5
Francesco Monti, noto maggiormente come Il Brescianino o come Il Brescianino delle battaglie, nacque a Brescia nel 1646. Pellegrino Antonio Orlandi (1704), che fu il suo primo biografo, informa che ebbe come maestro il pittore lucchese Pietro Ricchi. Tutta la letteratura seguente ha accolto la notizia, ipotizzando per lo più che l’alunnato si sia svolto durante il soggiorno veneziano di Ricchi, collocato nel terzo quarto del XVII secolo. La totale assenza di dati sull’attività giovanile di Monti, tuttavia, rende pressoché impossibile valutare l’importanza dello stile di Ricchi nella sua formazione e, d’altra parte, non è facile individuare derivazioni dal maestro nella produzione successiva. Monti fu comunque allievo anche di Jacques Courtois detto il Borgognone, a quanto risulta dallo stesso Orlandi e da una lettera spedita a Monti dall’amico Carlo Giuseppe Fontana nel 1694, segnalata nella monografia dedicata all’artista di origini bresciane da Arisi (1975, p. 34). Il magistero del Borgognone, sebbene se ne ignorino le circostanze cronologiche e geografiche, dovette avere un ruolo decisivo nel perfezionamento di Monti come pittore di battaglie. Le difficoltà di delineare un catalogo certo della sua opera, però, in mancanza di una quantità sufficiente di dipinti documentati, si riflettono anche sulla definizione di tale rapporto artistico. Durante la fase formativa l’artista portò avanti numerosi viaggi che lo portarono in varie località della Penisola: particolarmente significativo fu quello a Napoli, dove ebbe la possibilità di osservare in prima persona l’opera di Salvator Rosa, che condizionò fortemente la sua intera produzione pittorica. Raggiunta la piena maturità artistica, Brescianino entrò stabilmente al servizio dei Farnese nel 1681: numerose sono le opere, principalmente di soggetto bellico, realizzate dall’artista per i centri di Parma e Piacenza nell’ultimo ventennio del Seicento. Particolarmente apprezzato alla corte farnesiana, l’artista fu in grado di costruire a Parma una prolifica bottega, presso cui si formarono figure come Giovanni Canti, Ilario Spolverini, Angiolo Everardi, detto il Fiamminghino, e Lorenzo Comendich. I dipinti del Monti sono caratterizzati da ampi spazi «che si perdono fra il fumo e la polvere», dal groviglio di armati in primo piano con cavalieri disarcionati e cavalli che s'impennano nell'ultimo istante di vita. Oltre alle battaglie, che costituiscono certamente il segmento più corposo ed interessante della sua produzione, il pittore eseguì dipinti a tema religioso e marine in cui si vede l'influsso di Pieter Mulier, detto Il Tempesta, con cui ebbe un rapporto di profonda amicizia. Dopo aver dato vita ad una bottega attiva ed avviata, l’artista, particolarmente di successo alla corte dei Farnese, morì, probabilmente a Piacenza, nel 1703 (Sestieri, 1999, p. 206).
La tela in questione raffigura uno scontro tra cavalieri con armi da fuoco. Le brillanti armature dei combattenti si stagliano su un cielo carico di nubi, di fronte al profilo di una città e ad un suggestivo paesaggio naturale. La scena è ripresa in primo piano, secondo un escamotage tipico delle battaglie dipinte da Francesco Monti, in modo da far sentire lo spettatore come testimone diretto della scena cui sta assistendo. Questa risulta essere una delle caratteristiche chiave della produzione del Brescianino, a cui si aggiungono una grande vivacità cromatica, il gioco di varie prospettive e un’attenta regia scenica.