L'Assunta (da Tiziano)
Olio su tela, cm 76 x 40
Con cornice, cm 83 x 47
Firma e località (Via Santa Caterina 119, Firenze) sul retro
Gaspare Diomede Della Bruna fu un artista fiorentino noto soprattutto per il suo operato di copista delle grandi opere antiche, con particolare riferimento alla pittura, Italiana e d’Oltralpe, del Quattrocento, del Cinquecento e del Seicento: tra le sue opere più celebri vi sono infatti sue le versioni della Madonna del melagrana di Sandro Botticelli, del Ritratto virile di Antonello da Messina e dell’Autoritratto di Rembrandt. Partecipò alla Promotrice Fiorentina in varie occasioni, con opere come il Canal Grande di Venezia del 1882 e Il Pescatore e La suonatrice d’organo del 1883.
Per quanto concerne l’operato da copista del pittore toscano spicca un’opera come L’Assunta. Il dipinto prende le mosse dalla celebre tavola di Tiziano eseguita per la basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia: questa rappresenta il definitivo trampolino di lancio per il grande artista, ventiseienne al momento dell’esecuzione dell’opera, considerata all’unanimità un capolavoro dell’arte del Nord Italia ed in generale di tutto il Rinascimento italiano. La genesi dell’opera risale al 1516, anno in cui padre Germano, priore dei frati francescani del convento Frati Minori Conventuali, commissionò ad un giovane ma già affermato artista originario di Pieve di Cadore, Tiziano Vecellio, la tavola che avrebbe dovuto decorare l’altare centrale della grande basilica che si addossava all’antico convento, la Basilica dei Frari. Il giovane Tiziano non si fece trovare impreparato alla sua prima grande commissione di carattere religioso e soltanto due anni dopo l’inizio dei lavori presentò un’opera la cui altezza sfiorava i 7 metri. Così come ricorda l’erudito veneziano Martin Sanudo, l’opera venne presentata al pubblico nell’ambito di una fastosa cerimonia di inaugurazione che ebbe luogo nel 1518: i contemporanei recepirono tiepidamente le innovazioni del capolavoro di Tiziano: la dinamicità e le vivaci pennellate di colore dell’Assunta si andavano infatti a scontrare ad una tradizione pittorica che a Venezia era ancora succuba della ieraticità delle opere bizantine. La titubanza dei frati e dei fedeli rispetto al dipinto durò poco: l’iniziale sconcerto nei confronti delle innovative tecniche utilizzate da Tiziano mutò presto in entusiasmo per un eccitante nuovo inizio per l’arte veneta. Il 1516, d’altronde, fu un’annata decisiva anche sul fronte politico: la Repubblica della Serenissima riuscì a riacquistare alcuni territori andati perduti 8 anni prima durante la guerra con la Lega Santa. Un periodo di rinnovata prosperità è alle porte e Tiziano non poteva inaugurarlo in maniera più convincente. Sempre nello stesso anno si presenta la morte di Giovanni Bellini, storico pittore ufficiale della Repubblica veneta: il giovane Tiziano, fresco del capolavoro per l’altare della Basilica dei Frati, prenderà così il suo posto per gli anni a venire. L’impianto compositivo del capolavoro tizianesco è chiaramente delineato in due sezioni principali. Nella parte inferiore dell’opera si accalcano gli apostoli che, con i loro plastici gesti, esprimono lo stupore per ciò che sta avvenendo. È la luce, tuttavia, la vera protagonista della sezione: le ombre ed i giochi di luce descritti da Tiziano non mettono solo in risalto alcuni personaggi rispetto che altri, ma risultano gli strumenti principali usati dal giovane pittore veneto per l’elaborazione della spazialità nel dipinto: il discepolo che più si distingue tra gli altri, probabilmente Giacomo di Zebedeo, affiora tra la folla proprio grazie allo squillante rosso della sua tunica. Una densa cinta di nuvola popolata da putti separa perentoriamente la zona inferiore dal reparto superiore del dipinto, zona dominata, invece, da una sola figura centrale, quella della Madonna. La Vergine indossa una splendida veste di colore rosso vivido, simbolo della Passione del figlio, mentre le spalle sono coperte da una mantella blu, colore che rappresenta la sua umanità e la sua purezza. Tiziano raffigura la Madonna con le mani e lo sguardo alzati verso al cielo, nell’atto della sua assunzione delle volte celesti, dove, ad attenderla, presiede la figura di Dio Padre, raffigurato con il volto barbuto e canuto e sorretto da due cherubini.
Dell’opera esiste un vasto contingente di copie, sia antiche – un esempio è fornito dalla pala d’altare della chiesa di Piove di Sacco, nei pressi di Padova – che ottocentesche: sin da subito, infatti, il capolavoro tizianesco registra una straordinaria fortuna critica e visiva.