Sant’Antonio da Padova in adorazione del Bambino
Olio su rame, cm 17 x 12
Con cornice, cm 29 x 24
Sebbene la tecnica della pittura su rame fosse assai diffusa, sia in Italia che a Nord delle Alpi, tra la seconda metà del Cinquecento e la prima metà del Settecento, le notizie a riguardo si rivelano essere particolarmente limitate. Famosi artisti italiani, fiamminghi e tedeschi scelsero la lamina di rame come supporto per piccoli e raffinati dipinti. Sebastiano del piombo, il Correggio, il Vasari, il Bronzino, i Carracci, il Domenichino, Guido Reni, Rembrandt, Rubens e in ultimo Canaletto sono solo alcuni dei nomi che partecipano alla stagione della pittura su rame.
A parte i due casi precoci della Madonna con Bambino di Andrea Solario e della Maddalena penitente del Correggio, entrambe oggi scomparse, il maggior interesse degli artisti per la pittura su rame si riscontra a partire dalla metà del XVI secolo. L’incremento della produzione del supporto metallico è dovuto a diversi fattori: dal miglioramento delle tecniche di estrazione in cava all’invenzione del laminatoio (primi esempi di presse a rullo, alimentate da mulini ad acqua, compaiono nel Codice Atlantico di Leonardo) che, con la battitura meccanica, permise di ottenere, velocemente e senza fusione, lamine regolari. La lamina di rame si dimostrava ideale per la pittura ad olio poiché costituiva un supporto non assorbente, rigido, liscio e caratterizzato dalla stessa colorazione rossastra che si usava per le preparazioni dei fondi. La pittura ad olio su lamina di rame si affermò con lo sviluppo del gusto manierista e in contemporanea con il perfezionamento della tecnica degli smalti dipinti e con l’introduzione dell’incisione calcografica. Ad essere eseguiti erano raffinati dipinti dalle dimensioni ridotte – paesaggi, nature morte, soggetti religiosi e mitologici, scene di battaglia e di genere – destinati ad arricchire gli studioli del nuovo pubblico borghese, mentre in casi più rari la pittura su rame fu sperimentata in grandi pale d’altare: l’esempio più celebre coincide certamente con la pala d’altare per la cappella di San Gennaro del Duomo di Napoli, commissionata al romano Domenichino e portata a termine dallo spagnolo Jusepe de Ribera e dal campano Massimo Stanzone.
In Italia fu precoce la diffusione di piccoli dipinti devozionali su rame per la decorazione di tabernacoli o altari, richiesti da grandi famiglie (Barberini, Ludovisi, Aldobrandini, Doria Pamphili, Borgese), dagli ordini religiosi (come per il tabernacolo posto sull’altare di san Cristoforo della Certosa a Ferrara, che racchiudeva i due rami di Agostino e Ludovico Carracci) o da principi, come nel caso della minuscola Pietà che il Bronzino eseguì per Francesco I de Medici, ora agli Uffizi.
L’iconografia di Sant’Antonio da Padova in adorazione del Bambino si rivela relativamente comune per quanto concerne il panorama della pittura, soprattutto centro-italiana, della metà del Seicento. In particolare, il tema è spesso trattato dai membri della cerchia del classicista Guido Reni: esemplificativo in questo senso è il bel dipinto di Elisabetta Sirani, firmato e datato 1662, attualmente alla Pinacoteca Nazionale di Bologna. Nell’opera in questione, Gesù Bambino giunge seduto su una nuvola, e Sant'Antonio si china per baciare il piccolo piede del Divin Figlio, mentre alcuni angeli e cherubini osservano la scena. L’opera della Sirani, entro cui la pittrice mette in atto una brillante reinterpretazione degli stilemi classicisti dei Carracci e di Guido Reni, costituisce un punto di riferimento per gli artisti emiliani e centro-italiani della seconda metà del XVII secolo, così come dimostrato dall’opera, di qualità più modesta, di Francesco Gessi ai Musei della Città di Ravenna.
Il tema iconografico dell’apparizione del Bambino a Sant’Antonio da Padova si rivela comune anche per quanto concerne la produzione degli artisti della cerchia marchigiana di Federico Barocci. Ciò è testimoniato dal Sant’Antonio della Galleria Nazionale delle Marche e dall’Apparizione di Gesù Bambino a Sant’Antonio da Padova della chiesa di Sant’Antonio a Civitanova Marche (MC).