Vergine e San Giovanni Evangelista in adorazione della croce
Olio su rame, cm 53 x 30
Con cornice, cm 67 x 47
L’opera, un olio su rame datato all’ultimo quarto del Cinquecento, presenta la Vergine e San Giovanni Evangelista in adorazione della Croce. L’iconografia dei santi che adorano la croce è particolarmente diffusa in area toscana, e, più in generale, centro-italiana a partire dal principio del Cinquecento. Molti artisti che muovono i primi passi nella bottega del Perugino ne forniscono una propria interpretazione: un esempio è elargito dall’affresco di Vincenzo Tamagni (San Gimignano, 1492 – documentato fino alla fine del 1551), eseguito attorno agli anni ’30 del Cinquecento per la cappella della Croce della chiesa di Sant’Agostino di San Gimignano. I coloro tenui e pastellati e le fisionomie delle figure ricordano alcuni celebri brani della pittura del Perugino: si ritrovano delle analogie con opere come la Crocifissione del convento di Santa Maria Maddalena dei Pazzi a Firenze e il Trittico Galitzin della National Gallery of Art di Washington.
La pittura su rame è una tecnica spesso utilizzata per le opere di carattere devozionale. In Italia, la diffusione di piccoli dipinti devozionali su rame per la decorazione di tabernacoli o altari fu molto precoce. I rami di soggetto religioso erano richiesti da grandi famiglie, tra cui i Barberini, i Ludovisi, gli Aldobrandini, i Doria Pamphili e i Borgese, dagli ordini religiosi – tra gli esempi più illustri vi è il tabernacolo posto sull’altare di san Cristoforo della Certosa a Ferrara, che racchiudeva i due rami di Agostino e Ludovico Carracci – o dai principi, come nel caso della minuscola Pietà che il Bronzino eseguì dietro commissione di Francesco I de Medici, attualmente parte delle vaste raccolte delle Gallerie degli Uffizi.
In questo tipo di produzione, furono frequentemente coinvolti artisti bolognesi quali Passerotti, i Carracci, Albani e Domenichino: uno dei capolavori del genere è l’Incoronazione della Vergine di Guido Reni, conservata oggi alla National Gallery di Londra. Reni, che, secondo ciò che riportano le fonti letterarie, aveva appreso la tecnica dal fiammingo Denys Calvaert, usava rivestire il supporto di rame con sottili lamine d’argento, in modo da ottenere un effetto di estrema luminosità.