Ritratto del cardinale Decio Azzolino (1623-1689)
Olio su rame ovale, cm 7 x 5,5
In cornice in legno intagliato e dorato, cm 16 x 11
Quattordicesimo figlio di Pompeo Azzolini e Giulia Ruffo, Decio era di nobile famiglia Fermana. Suo zio, il cardinale Decio Azzolino il Vecchio, era un personaggio particolarmente potente per quanto concerne le gerarchie ecclesiastiche del tempo. Il giovane Decio studiò al seminario di Ripatransone e poi si laureò nell'Università di Fermo. Sia il padre che lo zio avevano importanti incarichi presso la Segreteria di Stato: anche per questa ragione, la sua ascesa fu particolarmente rapida. Si recò a Roma dove fu al seguito del cardinale Giovanni Panciroli, con il quale fu conclavista nel conclave del 1644. All’età di soli 21 anni, nel 1644 ricoprì il prestigioso incarico di segretario della cifra e dieci anni dopo, nel 1654, venne elevato alla porpora cardinalizia, assumendo fortunati incarichi fino alla Segreteria di Stato nel 1667.
Mecenate di artisti e letterati, era amico e confidente della Regina Cristina di Svezia a cui egli dedicò la costruzione della bellissima Sala del mappamondo, nucleo fondante della Biblioteca di Fermo, sua città di origine. Il Cardinale morì a Roma l'8 giugno 1689 e fu sepolto nella tomba dei Padri Oratoriani nella chiesa di Santa Maria in Vallicella, nel cuore dell’Urbe.
In questo ritratto, il giovane cardinale Azzolino viene rappresentato di tre quarti. Lo sguardo deciso e sagace è sfrontatamente rivolto verso lo spettatore. I toni lucenti dell’incarnato ed il rosso acceso delle vesti cardinalizie contrastano con lo sfondo neutro. Il piccolo rame ovale riprende i modelli e i crismi della ritrattistica romana del tempo: in particolare, l’anonimo artista che lo realizza potrebbe essersi ispirato all’insigne modello fornito dal Ritratto di Decio Azzolino dell’artista fiammingo attivo tra Roma e Milano Jacob Ferdinand Voet (Anversa, 1639 – Parigi, 1689). Voet fu uno dei massimi specialisti della ritrattistica europea del Grand Siècle, nell’età di Luigi XIV, tra i pontificati Chigi e Odescalchi, dominando il genere ritrattistico per la grande quantità di commissioni ottenute da parte della grande aristocrazia, soprattutto italiana, per oltre trent’anni, dagli anni ’60 agli anni ’80 del Seicento. Suoi sono i ritratti ufficiali di Cristina di Svezia, dei principi Chigi, Colonna, Odescalchi, Rospigliosi, della nobiltà lombarda e sabauda, di tutti i cardinali, ma anche di ambasciatori spagnoli e dell’est Europa. È stato tra i primi ad eseguire anche ritratti di nobili britannici in viaggio in Italia per il Grand Tour. Fu attivo in molte città: a Roma fra il 1663 e il 1679, a Milano nel 1680, a Firenze nel 1681, a Torino fra il 1682 e il 1684, da cui fece ritorno ad Anversa nel 1684. Fra il 1686 e il 1689 intraprese un viaggio alla volta di Parigi ove fu pittore di Corte di Luigi XIV e morì nel 1689. Tra i capolavori dell’artista fiammingo, oltre al già citato ritratto del cardinale Decio Azzolino (Berlino, Staatliche Museum), ricordiamo i ritratti del cardinale Flavio Chigi (Ariccia, Palazzo Chigi), del cardinale Giulio Spinola (Houston, The Museum of Fine Arts), del cardinale Carlo Cerri (Londra, National Gallery), di Buonamente Augustini (Forlì, Pinacoteca Civica), di Cristina di Svezia, di due gentiluomini in vesti orientali (Racconigi, Castello), di Maria Mancini che legge il destino alla sorella Ortensia (Windsor Castle, Royal Collection).