Ritratto d’uomo con libro
Olio su tela, cm 33,5 x 24
Con cornice cm 51 x 62,5
La severa consapevolezza che traspare dagli occhi del ritratto, aumentata dall’eccezionale espressività che l’artista del dipinto è stato in grado di materializzare, pare sintomatica della sua saggezza, insieme all’atteggiamento di dignitosa compostezza. L’artista si sofferma sulle sottili rughe che ne increspano la fronte, aggiungendo silenti bagliori a barba e sopracciglia. Il personaggio è rivestito di un mantello disposto a tunica, che ne scopre una spalla; quest’accortezza, accostata al libro tenuto tra le mani e all’aspetto moralmente retto dell’uomo, contribuiscono a renderne più probabile l’identificazione in un evangelista, un profeta oppure un santo studioso, rispetto ad un classico e generico lettore.
Il dipinto tradisce stilemi propri della cultura romagnola, sottolineando il policentrismo rivestito dalla città di Bologna nonché dalla più diffusa maniera emiliana, che seppe raccogliere in nuova sintesi modelli d’importazione quali lo stile marchigiano dello Zuccari, in Emilia con alcune pale, nonché i romanismi del Cavalier d’Arpino quando la sua Pala del Rosario transitò per Cesena. Il territorio emiliano seppe accogliere fecondamente anche un formalismo più veneto e lombardo; l’impronta maggiormente veneziana si svela nel presente dipinto tramite i confronti che è possibile intessere con la produzione dei fratelli emiliani Gandolfi, entrambi reduci da un soggiorno veneto. Convincenti risultano a tal proposito certe esecuzioni dei fratelli artisti, che quando si allontanarono dalla pomposità più costruita, seppero realizzare dipinti di notevole riscontro psicologico, spie della multiforme cultura emiliana. Il San Giuseppe con Bambino di Ubaldo (collezione privata), e le tele di Gaetano con Testa di uomo barbuto (coll. privata), Allegoria della Fede con la Trinità, S. Pietro e S. Paolo (chiesa di S. Stefano, Bazzano), Sacra Famiglia (Pinacoteca Nazionale di Bologna), Istituzione dell’Eucarestia (chiesa di S. Lorenzo, Budrio) e San Giuseppe (coll. privata, Londra) tradiscono sottigliezze figurative che ricorrono anche nel presente, attraverso lo studio anatomico dei personaggi maschili, segno del comune bacino di ingerenza. Ubaldo Gandolfi (San Matteo della Decima/Bologna, 1728 – Ravenna, 1781) compì il viaggio in laguna nel 1760, legandosi ai modi del Piazzetta; il fratello Gaetano (San Matteo della Decima, 1734 – Bologna, 1802) si formò invece presso l’accademia di belle arti di Bologna, raggiungendo nel 1760 il fratello, studiando le opere dei Tiepolo e di altri veneti.
Eguale impronta formale, anche se meno precisa figurativamente rispetto al presente, soprattutto nella fedeltà capillare al naturalismo dell’incarnato davvero eccezionale nel dipinto in esame, fu di Giuseppe Marchesi detto il Sansone (Bologna, 1699 – ivi, 1771). Si confrontino i ritratti maschili contenuti nell’Annuncio della nascita di Maria Vergine (collezione Montanari Fantini, Bologna, bozzetto per un dipinto murale), nell’Archimede della Pinacoteca Stuard ed infine entro la Deposizione (coll. privata). Si apprezza infine un egual timbro coloristico nell’Erminia e i pastori (Pinacoteca Nazionale di Bologna) di un altro protagonista della prima metà del Settecento bolognese, Giovan Antonio Burrini (Bologna, 1656 – ivi, 1727). Prima rivale di Sebastiano Ricci, il pittore conobbe a Venezia l’arte del Veronese e di Tintoretto; tornato a Bologna, entrò in stretti rapporti di amicizia con Giuseppe Maria Crespi.
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