Sant’Orsola in gloria
Olio su tela, cm 135 x 88
Le prime testimonianze sulla vita di Sant'Orsola risalgono al IX secolo, quando vennero rinvenute le reliquie di numerose giovani donne in una cripta vicino a Colonia. Queste reliquie furono associate a una leggenda locale che narrava di una principessa britannica di nome Orsola e delle sue undicimila vergini, martirizzate dagli Unni.
Secondo la tradizione, Orsola, promessa sposa di un principe unno, rifiutò il matrimonio per dedicarsi alla vita religiosa. Insieme a migliaia di vergini, si imbarcò su una nave alla volta di Roma per compiere un pellegrinaggio e ricevere il battesimo. Al loro ritorno, trovarono Colonia assediata dagli Unni. Piuttosto che rinunciare alla loro fede, le vergini si fecero uccidere dai barbari. Orsola, in particolare, fu trafitta da una freccia. Ed è proprio il momento prima della morte che viene raffigurato sul fondo del dipinto: Orsola legata a dei ceppi sta per essere colpita dalla freccia già incoccata dal soldato, in lontananza un groviglio di corpi testimoniano il brutale episodio.
Al centro della composizione la figura della santa viene elevata in cielo, in un turbinio di nuvole e luce divina. Il suo abbigliamento è raffinato e ricco: i profili dorati delle vesti, le perle al collo, la corona e il mantello imbastito di ermellino ne sottolineano la discendenza regale. Tra le mani regge con sé la palma simbolo del martirio mentre due angeli ai suoi piedi reggono le frecce, come rimando alla sua crudele morte, il giglio, che allude alla sua purezza e verginità e la corona di alloro, simbolo di vittoria e trionfo.
La composizione del dipinto, soprattutto nella trattazione del volto della santa con gli occhi rivolti verso l’alto in una profonda estasi divina ci permettono di collegare il presente dipinto alla produzione di Martino Altomonte (Napoli, 1657 – Vienna, 1745). Si citano a comprovare l’attribuzione alcune opere del maestro come la tela dell’Altare di san Bernardo dell’Abbazia di Lilienfeld; in essa i forti contrasti chiaroscurali del volto e il generale tono caldo della composizione sono tutti quanti richiamati nel nostro dipinto. La stesso attento utilizzo delle ombre, soprattutto nella descrizione dei volti, si ritrova anche in altri dipinti come la Resurrezione del figlio della vedova di Naim nella Chiesa di San Carlo Borromeo, Vienna, o la Crocifissione con Maria Maddalena del Kunsthistorisches Museum.
Martino Altomonte nacque nel 1657 a Napoli, città in cui suo padre, nativo del Tirolo, era emigrato. Il suo vero nome è Johann Martin Hohenberg. Altomonte si forma come apprendista del Baciccia e poi di Giacinto Brandi e di Carlo Maratta. Dopo un lungo percorso artistico nel 1684 divenne il pittore di corte di Giovanni III Sobieski, re di Polonia e per l'occasione mutò il suo nome in Altomonte.
Per commissione del re eseguì tra l'altro due raffigurazioni delle vittorie di Giovanni III sui Turchi, La rotta dell'assedio di Vienna e la Battaglia di Parkany (ora nella chiesa parrocchiale di Zòlkiew, provincia di Leopoli). Decorò poi la residenza del Sobieski a Wilanow presso Varsavia (gli possono essere attribuite le scene mitologiche) ed esegui molti ritratti. Fra questi, è da ricordare particolarmente il ritratto della Regina Maria Casimira con i figli, una complicata composizione allegorica, ispirata ad esempi della pittura di corte francese. Dopo la morte del re (1696), l'Altomonte passò al servizio di varie famiglie aristocratiche polacche: dei Wodzicki, del maresciallo Stanislaw Jan Jablonowski, di Jan Dobrogost Bonawentura Krasinski. Le opere di questo periodo sono state tutte distrutte .
L'invasione della Polonia da parte di Carlo XII spinse l'Altomonte a lasciare lo stato per Vienna, dove si trasferì nel 1703. Nel 1707 veniva ammesso all'Accademia di pittura e nominato aiuto del direttore, Peter von Strude. Negli anni 1703-1720 si dedicò soprattutto, su commissione della famiglia imperiale, a lavori di decorazione, come nel palazzo Mirabell a Salisburgo (1718), o a composizioni di carattere biblico e mitologico (Susanna e i vecchioni, 1709, ora nel Museo del Belvedere a Vienna). L'opera più nota di questo periodo è il soffitto (1716) della Sala dei Marmi del Belvedere Inferiore con l'Apoteosi del principe Eugenio, grande affresco allegorico tipico del barocco austriaco dell'inizio del Settecento. Nel 1720 si trasferì a Linz, e in questa città, alternando soggiorni nel monastero cisterciense di Heiligenkreuz, rimase fino alla morte. In questo ultimo periodo si dedicò soprattutto alla pittura di soggetto religioso, eseguendo numerosissimi dipinti per chiese austriache (Heiligenkreuz, Herzogenburg, St. Polten, Linz, Wilhering, Kremsmùnster, ecc.),
Altomonte sviluppò uno stile misto napoletano-veneziano che costituirà a lungo lo standard per la pittura barocca viennese. Nei suoi dipinti seppe introdurre i toni pastello tipici della pittura veneziana tra gli elementi del chiaroscuro drammatico napoletano.
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