In primo piano sulla sinistra, sotto un colle sormontato da fortificazioni con un possente torrione tondo, si svolge un acceso scontro tra un drappello di cavalieri, armati di lunghe picche ed issanti una bandiera, assaliti da cavalieri che gli esplodono contro le loro pistole; cavalieri sbalzati di sella e cavalli ripiegati al suolo, con armi abbandonate, completano questa scena principale, suggestivamente illuminata come da improvvisi bagliori. Ad essa si contrappone, come si riscontra usualmente nelle “battaglie” del Masturzo, la chiara distensione di una vasta pianura, in cui sono rappresentati con un metro espositivo progressivamente ridotto, altri episodi isolati ed altri epicentri dell’evento bellico, dalle cui mischie si levano nuvolaglie di polvere. La paternità del Masturzo si evince con palmare evidenza per il pieno e brillante riscontro delle sua inconfondibile cifra stilistica, per di più esplicata ai suoi migliori livelli qualitativi, come si può dedurre dal raffronto con i suoi dipinti pubblicati dal sottoscritto nel volume I Pittori di Battaglie. Maestri italiani e stranieri del XVII e XVIII secolo (De Luca editore, Roma 1999, pp. 103-109 e 382-393).
Il Masturzo fu pittore assai prolifico, movendo da un’iniziale tendenza realistica verso un gusto pienamente barocco con finalità eminentemente decorative, incontrando evidentemente l’apprezzamento dei collezionisti di questo genere, come ci attesta il consistente catalogo che ormai si potrebbe stilare della sua attività. Ciononostante si deve lamentare una totale assenza di dati documentari, a cui suppliscono in parte le notizie che riporta su di lui il biografo B. De Dominici (Vite dei Pittori, Scultori ed Architetti napoletani, Napoli 1744, III, pp. 254-55), in margine alla lunga Vita di Salvator Rosa. Del quale Marzio, dopo avere frequentato insieme la scuola di Aniello Falcone, moderno caposcuola napoletano del settore, godette l’amicizia e l’insegnamento, con una lunga frequentazione diretta che si prolungò poi a Roma, avendolo seguito nel suo trasferimento.
Oltre a notizie di gusto aneddotico su tale rapporto tra maestro ed allievo, il De Dominici riporta anche dei coloriti ma acuti giudizi critici, quali “una certa crudezza nella resa dei paesi e dei sassi” e “un variare in certi soverchi risentimenti di contorno”, ossia una mancanza della morbida pastosità cromatica del Rosa, suo diretto ispiratore. In effetti il Masturzo dai primi suoi esempi più realistici, unitamente a quelli del Falcone, si evolse verso figurazioni più arrotondate e di meno incisiva delineazione, ma con valida originalità inventiva e scioltezza esecutiva: ciò che ha reso ben individuabile la sua personalità. Della quale il quadro qui preso in esame ci offre, come già sottolineato, una significativa testimonianza, rispecchiante le sue più tipiche peculiarità.
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Dr. Riccardo moneghini
Storico dell' Arte