Importante olio su tela (195cm x 124cm) su splendida cornice coeva marmorizzata con angolature dorate ed incise a girali vegetali. Quest' opera si può, infatti, introdurre nel repertorio pittorico della fase matura del maestro faentino.
Si tratta di un opera inedita mai apparso nel mercato antiquario.
FENZONI (Faenzoni, Fanzoni, Fanzone), Ferraù (detto anche Ferraù da Faenza). Terzo di cinque figli, il Faenzoni nacque nel 1562, a detta del Mancini(1617-1621, p. 241), "nella sua patria havendo liavuto commodità per la copia delle buone pitture d'apprendere i principij dell'arte...", manifestò ben presto le sue naturali doti per la pittura ed il disegno. Si recò a Roma verso la fine del pontificato di Gregorio XIII (morto nel 1585) e qui, secondo il Baglione (ms. 1642), svolse il suo primo incarico pubblico partecipando, insieme con V. Salimbeni, G. Stella e altri, alla decorazione della loggia delle benedizioni in S. Giovanni in Laterano. La vicenda romana del pittore faentino va letta all'interno di quel clima variegato, emblematico, a volte spiritato e sconvolto, aspramente conflittuale, del tardo manierismo romano. In questo clima, spesso è arduo individuare le influenze incrociate, che pur necessariamente dovettero esserci. soprattutto tra i pittori che lavorarono ai cicli sistini. Al F., a detta del Baglione, era da attribuire innanzitutto la decorazione dei vano di passaggio tra la navata destra di S. Giovanni in Laterano e la scala che conduce al palazzo Lateranense (l'opera andò perduta durante i rifacimenti borrominiani).
Probabilmente il contributo più importante che l'artista apportò al programma sistino è quello degli affreschi nella Scala santa (1589); il Baglione gli riconosce il Mosè e il serpente di bronzo, La Crocefissione, La Flagellazione (che tuttavia Scavizzi, 1960, assegna al Salimbeni) e Caino e Abele. Al di là di reminiscenze michelangiolesche, e pur risentendo dell'influenza del Lilio, il F. raggiunse effetti di un pittoricismo stemperato, e nello stesso tempo di forte dinamismo compositivo e di accentuato espressionismo. Nei primi anni dell'ultimo decennio del secolo il F. partecipò, insieme con altri artisti del gruppo di Sisto V, alla realizzazione del ciclo di affreschi della Vita della Vergine in S. Maria Maggiore, sulle pareti della navata centrale tra le finestre, terminato nel 1593.
Questi affreschi aprono un nuovo corso stilistico alla pittura del F., che, forse anche per un ipotizzato viaggio in terra emiliana, venne a contatto con l'ambiente bolognese, da B. Passarotti ai Carracci. All'esecuzione spesso secca e nervosa delle altre opere romane subentra qui una stesura ampia e a volte solenne, sostenuta da una linea più larga e morbida; secondo il Viroli (1992, p. 316) vi si avverte "l'influenza della cultura baroccesca".
Sullo scorcio del secolo si pone un soggiorno in Umbria, contrassegnato da un numero notevole di opere. Il F. risiedette e lavorò per circa sei anni (forse già dal 1593 e fino al 1599) a Todi, dove fu chiamato dal vescovo Angelo Cesi che gli commissionó una delle sue imprese più notevoli e di maggior prestigio fu l'intervento nella decorazione dell'interno del duomo di Todi, che prese le mosse dal grandioso Giudizio universale affrescato sulla controfacciata, datato in una iscrizione 1596, dove si intersecano una concezione a tratti accademica e note di sorprendente realismo. Altre opere del F. in Umbria: Foligno, vescovado, una Annunciazione, eseguita per il duomo; Gualdo Cattaneo, parrocchiale, cappella del Santissimo, affreschi con Storie di s. Michele Arcangelo e figure di Santi; la Deposizione della sacrestia del duomo di Perugia è "forse fra le più antiche opere umbre" del F. (Sapori, 1989, pp. 95 s.).
Ritornato definitivamente a Faenza nel 1599, il 2 maggio 1603 il F. prese in moglie Anna di Cesare Naldi, sua concittadina, di ottimi natali. In questi anni le saltuarie tendenze accademiche, già espresse nel duomo di Todi, assumono maggior consistenza e la memoria del primo manierismo, nella ricerca di ritmi atti a bilanciare masse e movimenti, si evidenzia nei temi compositivi della sua ultima attività romagnola. Dal 1600 sarà protagonista di un intensa e fiorente attivita pittorica, nella citta che gli diede i natali, tra cui gli affreschi della cattedrale, contraddistinta da una maggiore ricerca di equilibrio compositivo più riservato e soave. A Faenza, in cui la sua arte risulta molto apprezzata dai propri concittadini, il F. sembra aver raggiunto un solido status borghese. Il F. morì a Faenza l'11 apr. 1645; fu sepolto nella chiesa di S. Cecilia (distrutta).
Alleghiamo certificato di garanzia storica d'autenticità. Il dipinto è visibile nella nostra galleria di Foligno (PG).
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