Giulio Bucci nacque in Faenza nel 1711 dal capitano Domenico e da Orsola Giordani. Appresi i primi rudimenti dal pittore greco Nicola Valletta (vissuto a Faenza nel secondo quarto del sec. XVIII) e venutogli a mancare il padre, la Compagnia di S. Gregorio, detta anche dei "poveri vergognosi", gli concesse un sussidio per andare a studiare a Bologna presso un valente artista. Da carte anonime manoscritte settecentesche risulta che il giovane faentino, dopo aver frequentato la scuola di Ercole Lelli, di sua iniziativa volle mettersi a studio presso G. M. Crespi detto lo Spagnolo. Finiti i sette anni di alunnato bolognese, il B., intorno al 1738, ritornò a Faenza ove si trattenne a lavorare, salvo qualche rapida puntata a Bologna, fino al 7 febbr. 1750, quando tornò a Bologna per sposare Lucia Gloria. Vi rimase per sei o sette anni; gli nacquero cinque figli: tre maschi e due femmine. Dopo una grave malattia, verso il 1761, andò a Faenza e fu indotto da parenti ed amici a trattenersi nella città natale, per molti anni, caricato di numerose commissioni. Nell'autunno del 1768 era di nuovo a Bologna (nel marzo dell'anno precedente gli era stata conferita la patente di accademico Clementino) per consegnare tre grandi tele di "paesi" che gli eran state commissionate dagli agenti della corte imperiale russa (le carte Strocchi dicono: corte di Spagna) e che gli eran costate più di un anno di lavoro; ma gli furono rifiutate. La delusione lo ridusse in disperate condizioni fisiche e finanziarie: lo salvò l'amico e mecenate Ignazio Benedetti che lo indusse a trasferirsi a Faenza ospite in casa sua. Quivi, ripresosi lentamente, il B. si rimise al lavoro eseguendo dipinti considerati fra i suoi migliori; ma la gioia di ritrovarsi in patria coi suoi durò poco; infatti morì il 25 maggio 1776. Fu sepolto nella chiesa ale lora detta del Suffragio (oggi parrocchialdi S. Stefano) in uri avello terragno offerto dal suo protettore, che gli fece incidere la lastra tombale, oggi non più rintracciabile.