La vera magia del dipinto è l’uso personalissimo che il pittore fa della luce e dei colori, con gli effetti chiaroscurali che ne accentuano la tridimensionalità. L’artista si dimostra qui in grado di indicare una via originale e intensa della pittura barocca. I gesti bloccati, la luce violenta, i rossi accecanti ed il nitore dei dettagli producono un effetto quasi metafisico.
Un’ atmosfera quasi innaturale illumina i personaggi, che emergono dal fondo cupo della vegetazione, disponendosi in primo piano come su un palcoscenico teatrale direttamente di fronte allo spettatore. Ogni singolo gesto assume toni di drammatica e partecipe disperazione.
Il corpo muscoloso di Cristo, ancora pieno di vigore, domina la scena, mentre Giuseppe d’Arimatea gli sorregge la testa ripiegata all’indietro. Quest’ultimo che tradizionalmente gode, per rango e per età, di una maggiore importanza rispetto a Nicodemo che regge invece il lenzuolo dalla parte dei piedi. In primo piano, inginocchiata e piangente, Maria Maddalena con i capelli sciolti, lunghi e fluenti. Colpisce il morbido e sensuale manto rosso che l’avvolge.
Sullo sfondo la figura di Maria, appena percettibile, appare ripiegata su sé stessa con il volto nascosto dal manto blu e sostenuta dall’abbraccio di una delle pie donne.
L’opera barocca di scuola emiliana si ispira al Cristo deposto nel sepolcro di Annibale Carracci.
Cornice, coeva, a “cassetta” con bordi intagliati, angoli e centri evidenziati con decorazioni fogliacee, doratura in foglia oro.