Capriccio è un termine coniato alla fine del Rinascimento e possiede diversi significati con un punto in comune. Capriccio era un movimento dell’anima, o più precisamente una eccitazione della facoltà immaginativa che dava origine ad ogni varietà di immagini mentali. Dal punto di vista pittorico è indubbio che il genere del Capriccio si sviluppò nella Città Eterna durante i primi decenni del XVII secolo e trovò ispirazione nelle rovine dell’età classica.
La tela in esame ha essenzialmente la rovina come soggetto, in quanto il paesaggio riveste un’importanza secondaria nella composizione. Le rovine non meglio identificate hanno qui una matrice evocativa, sfruttano cioè il loro potenziale emotivo per delineare dei paesaggi immaginari. La scena è osservata simbolicamente da un cavaliere romano al quale si prospettano due mendicanti seduti sulle macerie quasi a sottolineare la decadenza del mondo classico.
Il dipinto è stato foderato e riportato su di un nuovo telaio; è stato restaurato e presenta alcune integrazioni pittoriche. La cornice è francese, in pastiglia dell’Ottocento.