L'artista esegue terrecotte e bronzi che illustrano l'epos abruzzese, con accenti retorici anticipatori delle stesse ricerche michettiane. I protagonisti delle sue opere sono quasi sempre popolani abruzzesi, che lo scultore coglie con indagine esatta e attenta.
Nel 1889 Barbella concepisce La sposa, che presenterà all'Esposizione Universale di Parigi. D'Annunzio su "La Tribuna Illustrata" (18 maggio 1890), lo recensisce analiticamente iniziando con questo elevato discorso:
"Lo scultore d'Abruzzo ha voluto fissare in terra uno dei momenti più commoventi della vita umana, quello cioè nel quale la fanciulla abbandona il tetto materno e segue l'uomo che l'ha chiesta in isposa. I futuri storici dell'arte non avranno da far molta fatica per stabilire l'epoca in cui questo gruppo è stato composto. Essi, al sentimento che tutto lo infoma, indovineranno che lo scultore vi ha tratto un momento della vita sua, nel quale il sogno dell'arte parve un istante offuscato e vinto dal sogno dell'amore. Ma l'artista fece tesoro del suo stato intimo, lo elaborò come cosa non propria, e lo rese obbiettivato, con profondo sentimento e con un intimo fremito dell'esser suo. La gentil creatura cui egli dedicò questo suo nobile lavoro dovrà essergli molto grata d'avere, per sua virtù, fissata nella creta la dolce malinconica poesia delle nozze e l'addio detto alla madre cara..."