Maddalena penitente
Tempera su pergamena, cm 21 x 17
Cornice cm 26 x 22
Il prezioso dipinto a tempera su pergamena è da riferire alla mano del pittore Giovanni Battista Castello (1547-1637), detto “il Genovese” per distinguerlo dall'omonimo contemporaneo, architetto e pittore, detto “il Bergamasco”. Fratello maggiore di Bernardo, celebre pittore del tardo manierismo ligure, iniziò la sua attività nel campo dell'oreficeria religiosa, a cui presto affiancò l'arte della miniatura, arte alla quale finì col dedicarsi completamente e con maggior soddisfazione, riportandola ad un successo e ad una divulgazione che non conosceva dal Medioevo e che ora trovava nel clima spirituale e culturale della Controriforma incentivo e giustificazione.
Nelle fonti è citato come autodidatta; è certa però la sua assidua frequentazione della bottega di Luca Cambiaso, dove trasse tutto il bagaglio culturale che questo centro di eclettismo artistico comportava e a cui aggiunse l’esperienza degli incisori nordici, il manierismo tosco-romano, le ascendenze venete ed emiliane, una forma di depurato baroccismo e, non ultima, l’aspirazione ad eludere l’artificioso intellettualismo, preferendo un inconsapevole bisogno di semplicità, di purezza, di castigatezza, di quella “primitività” che si è identificata, talvolta, anche nel periodo della Controriforma, con gli atteggiamenti pietistici.
Sulla scia del Cambiaso e dei Tavarone, Castello fu chiamato in Spagna da Filippo II, dove miniò per il re, nel 1584, tra gli altri libri sacri destinati all'Escorial, un importante Antifonario. Questa commissione gli procurò una gloria di riflesso immediato in patria. La sua reputazione fu tale che nel 1606 il Serenissimo Governo genovese lo dichiarò “pittore “excellentem” sopra gli altri eminente, ed esentato dalle leggi, e capitoli, a’ quali indegnamente soggiacevano in Genova i Professori di Pittura”.
Il corpus delle sue opere risulta essere particolarmente nutrito dato l’eccezionale arco di tempo della sua intensa attività, tanto più che, come citato dal Soprani, il pittore era solito conservare “ogni sua benché minima carticella, eziandio di semplice abbozzatura” e aveva riempito “alcuni libri di un’infinità di miniature ... gran premura avendo che nessuno n’andasse a male” anche con l’intento che “agevolassero la strada di chi avesse voluto intraprendere la miniatura” (Soprani-Ratti, Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti Genovesi, 1769, pp. 110). L'Alizeri, inoltre, cita che nelle collezioni patrizie genovesi, ad esempio quella Spinola, o quella del marchese Pietro Rostan, che possedeva otto miniature del Castello, erano conservati codici e libri miniati, piccole pergamene con storie del Vecchio e del Nuovo Testamento e minuscoli paesaggi con ruderi architettonici e animali.
Nella pergamena esaminata, destinata alla committenza patrizia genovese di immagini per la devozione privata, troviamo la sua tipica tavolozza armoniosa e intonata, l'esecuzione è curata sia nella materia cromatica che nel disegno, il paesaggio arioso è interpretato come natura amena ed elaborata su più piani. La Maddalena penitente è raffigurata al centro in primo piano, circondata dai suoi tipici elementi iconografici, come il teschio, alludente alla transitorietà dell'esistenza terrena, il flagello e il vasetto degli unguenti.
Opere analoghe sono conservate sia in collezioni private che in musei, italiani ed internazionali. Confronti puntuali possono essere effettuati ad esempio con il Battesimo di Cristo della collezione di Palazzo Mazzetti ad Asti, o con la miniatura raffigurante la Consegna delle chiavi a san Pietro, oggi a Parigi presso il Museo del Louvre.
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