Un giudizio pienamente sostenuto dalla riscontrabile estrinsecazione delle più peculiari doti del maestro, sia sotto il profilo pittorico che inventivo. Infatti il dipinto è incentrato sulla preferenziata tematica del Roos, inquadrata come al solito, su uno sfondo paesaggistico con rovine antiche e i resti di un acquedotto, tipica della campagna dei dintorni di Roma, con una indiretta ispirazione da Tivoli. Cittadina dove il pittore possedette una casa di campagna, con vari animali che, insieme al loro pastore e al custode dell'abitazione, sono poi spesso gli abituali personaggi delle sue rappresentazioni pastorali.
Nelle quali Philipp - appunto più noto col suo soprannome italianizzato di "Rosa da Tivoli" - esplica composizioni quasi sempre imperniate sulla presenza, più che delle persone, proprio degli animali, abitualmente pecore, capre e mucche, che talvolta sovrastano i primi piani con una emersione eccessiva, tanto da poter risultare incombenti. Un difetto in cui non incorre il 'nostro' quadro, in quanto il metro espositivo degli animali non è eccessivo ed appare felicemente assorbito dal digradare dei secondi piani sino la succitato sfondo paesaggistico, anche grazie alla sciolta e corposa stesura pittorica, sottesa da costruttivi contrasti cromatici e passaggi chiaroscurali.
Figlio ed allievo di Johann Heinrich, anche egli famoso e valente animalista, specializzato in scene pastorali, Philipp si trasferì giovanissimo a Roma nel 1677, italianizzandosi rapidamente, sia socialmente che culturalmente; come ci attestano anche le biografie dedicategli dal Pio e dal Pascoli. Nel 1681 sposò una figlia di Giacinto Brandi, maestro emergente della pittura romana di fine Seicento, e la cui impronta pittorica, essenzialmente barocca, si riflette chiaramente nei modi, sia figurativi che tecnici di Rosa da Tivoli, che riscosse un fervido successo presso la committenza romana anche aristocratica A Palazzo Taverna un intero salone è decorato solo da sue pitture, almeno una cinquantina.
Sulla prolifica famiglia di pittori Roos, è stato curato da Hermann Jedding un accurato volume, corredato da un buon repertorio illustrato (Johann Heinrich Roos. Werke einer Pfalzer Tiermalerfamilie in der Galerien Europas, V.P. von Zabern ed. , Mainz 1998), cui naturalmente Philipp Peter ha un ruolo primario insieme al succitato capostipite.
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Dr. Riccardo Moneghini
Storico dell'Arte