Arcile
Legno massello di noce, applicazioni in bronzo, cm 113 x 171 x 64
L’arcile è un caratteristico mobile emiliano, nato sul finire del XVI secolo, strettamente connesso con la tradizione culturale locale. Sorta di madia ingigantita e impreziosita, lo stesso termine è un ricercato regionalismo nato in età medievale, derivante dal volgare “arcile”, il cui utilizzo è documentato per la prima volta nella città di Bologna. Sfruttato quale contenitore di frumento, farina, biada e più in generale granaglie, l’arcile derivava dal cassettone i numerosi scomparti, addizionandovi un lungo piano orizzontale, ribaltabile. Tutti i cassetti/scomparti erano adibiti alla funzionale divisione ed al contenimento delle granaglie. La parte superiore dell’arcile ha una caratteristica forma detta a schiena d’asino, ossia caratterizzata da un doppio spiovente, soluzione progettuale curiosamente desunta dalle tombe gotiche ad arca. Il presente si colloca nella prima metà del XVII secolo, quando si diffuse la pratica di stondare le bugne (formelle), che in questo caso hanno un aggetto a base rettangolare, e modellano appunto concavità ai quattro angoli. Le formelle presentano tre borchie bronzee per lato in corrispondenza delle sagomature. Le orecchie del presente arcile risultano sagomate mistilinee, con un viluppo speculare che si propaga esternamente. Anche le bullette sono bronzee, in deroga al più diffuso ottone: questa particolare lega sottolinea la preziosità dell’esemplare, in quanto maggiormente performante e più resistente rispetto all’ottone. Le gambe del presente, prolungate, a sezione rettangolare, formano l’intelaiatura del mobile.
Sebbene estremamente campanilistico, l’arcile ebbe grama diffusione anche in Abruzzo, tra il XVI e il XVII secolo.
Si rammentino i due esemplari, oggi conservati in collezioni museali, che concorrono, al pari del presente, a testimoniare il vivido particolarismo dell’ebanisteria emiliana: quello del Museo d’Arte Industriale Davia Bargellini (Bologna) e quello presso Palazzo Giglioli Maffei (Ferrara).
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